La tappa di oggi del viaggio in Iran prevede l’arrivo a Yazd la città ai margini del deserto iraniano. Spezziamo il trasferimento con una fermata a Pasargadae, la prima capitale dell’impero Achemenide e dove si può ammirare la tomba di Ciro il Grande.
Eternità, pace e silenzio sono i primi aggettivi che mi vengono in mente di fronte a questo monumento che risale a 2500 anni fa e che si staglia solitario nella pianura in fiore.
E’ una costruzione semplice, squadrata, posta sopra una scalinata. Il color ocra è esaltato dalla luce del sole. Nulla di sfarzoso per uno dei più grandi sovrani di sempre, ma un’estrema eleganza ed equilibrio delle forme. Attorno c’erano due palazzi reali, una fortezza e un giardino di cui non rimane più nulla.
Arriviamo a Yazd nel tardo pomeriggio, la città che ha incantato anche Marco Polo e secondo l’Unesco uno degli agglomerati urbani più antichi al mondo. La sua bellezza si percepisce già perdendosi nelle strette viuzze che s’intrecciano nel quartiere vecchio, tra case in mattoni di fango e paglia, i curiosi Nakl di legno, riproduzione della portantina a forma di foglia che fu usata per trasportare il corpo dell’imam Hossein alla tomba, per poi rimanere estasiati davanti all’imponente Moschea del venerdì, interamente decorata di maioliche azzurre.
A Yazd non si può perdere il tramonto dall’alto di una delle terrazze degli hotel o dei tanti ristoranti. Mentre il sole si ritira il panorama diventa una tavola armonica di arancione, giallo e ocra su cui svettano le snelle torri del vento e le tondeggianti cupole delle mosche, nelle loro mille sfumature di celeste, turchese e blu.
Stasera poi anche una splendida luna ha deciso di venire ad ammirare la magia di questa città.
Yazd è famosa per le sue torri. Sono ai piedi di quelle chiamate torri del silenzio, i luoghi di sepoltura della comunità zoroastriana.
Attorno a me ci sono le stanze dove avvenivano le cerimonie funebri, al termine delle quali, solo il sacerdote, con il cadavere, poteva salire la lunga scalinata fino in cima alla torre. Il corpo, deposto nel cortile interno, era lasciato in pasto agli avvoltoi. Rimanevano solo le ossa che erano eliminate sciogliendole in un miscuglio acido. Questo sistema era utilizzato perché lo Zoroastrismo promuoveva la purezza di terra e fuoco, per cui il corpo non doveva ne essere seppellito ne cremato. Dal 1978 le autorità hanno vietato questo rito e i defunti vengono sepolti in bare ermeticamente sigillate per evitare ogni contaminazione. Il cimitero si può vedere dall’alto della torre, da cui lo sguardo abbraccia tutta la città che ormai è a ridosso di questo luogo sacro.
C’è un altro sito di grande importanza per lo Zoroastrismo, il Tempio del fuoco. Lo Zoroastrismo è stata la religione di tutta l’area iraniana prima dell’arrivo dell’Islam e quindi è una parte importante nell’identità persiana.
Sarà per questo che il Tempio è affollato non solo di turisti ma anche di locali in fila per entrare e vedere il fuoco sacro, la fiamma che arde ininterrottamente dal 470 d.C., grazie ai sacerdoti che si premurano di aggiungere legna giorno e notte.
Il fuoco, simbolo della presenza divina, si vede attraverso un vetro, perché non può essere contaminato
Sopra l’ingresso al tempio ritrovo la figura di Ahura Mazda il dio potente e invisibile già visto in più riproduzioni a Persepoli ma che percepisco più importante che mai nell’animo degli iraniani.
Lasciamo il quartiere attorno al tempio per visitare un altro luogo sacro ma di un’altra religione, andiamo alla Moschea del venerdì che già di sera mi aveva incantato e che non perde il suo fascino neanche alla luce del giorno.
E’ uno dei simboli di Yadz e uno dei luoghi più frequentati. Situata nel cuore della città vecchia, avvolta dal dedalo di stradine e vicoli è stata costruita dove prima , si dice, sorgesse un tempio zoroastriano.
Le mattonelle che la ricoprono mi ricordano i colori del paesaggio: l’azzurro del cielo, l’ocra della sabbia del deserto. Decorazioni floreali, simboli e frasi del Corano si alternano e intrecciano coprendo ogni centimetro anche dei minareti, 48 metri, i più alti di tutto l’Iran.
Altra caratteristica di questa città sono i badghirs, le torri del vento, l’invenzione geniale che da sempre permette di regalare aria fresca alle abitazioni nelle caldi notti persiane. La più alta di tutto l’Iran è la Torre di Malgaf nel giardino Dowlad Abad.
Qui il sistema utilizza il vento che si incanala nella torre scende verso il basso e spinge l’aria più calda verso le uscite. In altre torri invece l’aria scende dalle aperture sopra canali d’acqua, i qanat, ancora in funzione.
Sono chilometri e chilometri di tunnel scavati sotto terra, intelligente soluzione per trasportare l’acqua dalle montagne alle zone desertiche. L’acqua viene raccolta in grandi serbatoi e distribuita nelle abitazioni. In questo modo si assicura non solo l’aria ma anche l’acqua fresca.
Le sere primaverili a Yazd sono sempre animate.
Attorno alla fontana della piazza centrale Amir Chakhmaqi la gente passeggia, si gusta un gelato, un caffè oppure cena sulle terrazze dei ristoranti da cui si può ammirare la grande struttura che abbraccia parte della piazza e su cui l’illuminazione artificiale crea un gioco di luci e ombre incantevole.
Il racconto del mio viaggio in Iran continua nell'articolo: Alla scoperta di Isfahan, mentre se volete leggere dall'inizio il racconto della mia esperienza iraniana, vi rimando all'articolo: Viaggio in Iran
L'inguaribile viaggiatrice Barbara Mattiuzzo
inguaribile.viaggiatore(at)yahoo.it
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Ho messo insieme piccolo elenco di cose che vi consiglio di non dimenticare di mettere in valigia, quando farete questo viaggio: